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Questo è un articolo recente sul cloud computing…
IoT e 5G rendono obsoleti i data center: arriva il server per l’edge computing, un ‘portatile’ che resiste a caldo e polvere.
Il cloud computing è la star del momento, ma in realtà sta già iniziando a mostrare le prime crepe. E la ‘minaccia’ arriva da due parti, l’IoT (Internet delle cose) e il 5G.
L’IoT agisce infatti da elemento di connessione fra mondo fisico e mondo digitale, raccogliendo dati da ambienti quali la smart home, da oggetti quali i dispositivi wearable, oppure da sistemi come le auto a guida autonoma, per poi trasmetterli ai sistemi che si occupano di analizzarli molto velocemente grazie al 5G.
Questo comporta una crescita esponenziale nella generazione di dati. Gartner stima che entro il prossimo anno ci saranno 20 miliardi di oggetti connessi e IDG stima che la quantità di dati prodotti aumenterà del 430% tra il 2018 e il 2025.
Ma, cosa forse ancora più importante, e che tende a erodere lo strapotere del cloud, Gartner prevede inoltre che per il 2022 il 75% dei dati sarà generato al di fuori dei data center tradizionali. Questa tendenza comporta la necessità di elaborare i dati in prossimità del luogo in cui sono generati; pensando infatti a un’auto a guida autonoma che interagisce con gli ambienti cittadini in cui circola, è facile comprendere come non ci si possa permettere il minimo tempo di latenza nella trasmissione delle informazioni.
Ed ecco spiegato perché l’astro nascente del mondo tech è l’edge computing.
Il termine viene dalla fine degli anni ’90, quando Akamai Technologies Inc., azienda americana che si occupa di distribuire contenuti internet, ha creato una rete capace di ridurre la congestione del web. Il funzionamento di questa architettura – antesignana di quella odierna – prevedeva server più vicini al luogo in cui i contenuti sarebbero stati consegnati.
In buona sostanza si tratta di un’architettura con cui è possibile elaborare informazioni laddove i dati vengono prodotti.
Il cloud è già vecchio, arriva l’edge computing: elaborare il dato alla fonte è più veloce e più sicuro
L’IoT non è solo consumer – dai dispositivi wearable come l’Apple Watch ai sensori che stanno sempre più invadendo le nostre case, dalle lampadine intelligenti alle nuove dotazioni ‘smart’ sulle auto – ma sta sempre più invadendo anche le aziende, che lo utilizzano per ottimizzare i costi e aumentare la produttività, per migliorare l’efficienza e per controllare l’automazione dei processi, oltre che per offrire nuovi servizi.
È chiaro quindi che portare la capacità di elaborazione dei dati al bordo delle reti offra numerosi vantaggi, ma altrettante sono le sfide associate.
In sostanza, un edge server deve, tra l’altro, poter operare in ambienti caratterizzati da elevate temperature, vibrazioni e polvere, deve resistere a manomissioni fisiche, deve avere dimensioni contenute, deve avere una connessione wireless e va gestito da remoto.
- ThinkSystem SE350 edge server di Lenovo
Con queste caratteristiche bene in mente Lenovo ha lanciato sul mercato italiano ThinkSystem SE350, un edge server poco più grande di un laptop ideale per l’installazione in spazi anche ristretti. ThinkSystem SE350 avvicina la potenza di calcolo, la capacità di elaborazione e la rete al luogo dove vengono generati i dati, rendendo più rapide le operazioni a seguito dell’analisi dei dati. Poiché, solitamente, sono distribuiti al di fuori del perimetro di sicurezza dei data center, gli edge server sono dotati di una tecnologia di cifratura dei dati presenti sul dispositivo che protegge da eventuali manomissioni abilitando solo gli utenti autorizzati ad accedervi. Inoltre, il server è dotato di connessione Wi-Fi ed LTE e può resistere a temperature impensabili in un data center: fino a 65 °C, alla polvere e alle vibrazioni.